Capsula dentale, cos’è e quando serve
La capsula dentale, tecnicamente detta corona protesica, è una soluzione conservativa per proteggere i denti deteriorati da traumi o patologie. Le capsule per denti sono realizzate in ceramica e applicate mediante la cosiddetta procedura di incapsulamento. In questo articolo, vengono approfondite le caratteristiche delle capsule, il procedimento e soprattutto le cure necessarie per un dente incapsulato.
La capsula dentale, che in gergo tecnico odontoiatrico si chiama corona protesica, è una delle soluzioni più utilizzate quando si tratta di ripristinare e proteggere un dente curato o danneggiato da traumi. Un esempio su tutti: la capsula su un dente devitalizzato. La sua diffusione e la sua importanza, nel corso degli anni, l’hanno messa al centro di importanti innovazioni. Oggi tra capsula e dente vero è praticamente impossibile cogliere la differenza. Questo perché i materiali utilizzati così come le tecniche di incapsulamento sono migliorati in modo esponenziale.
Ecco perché la capsula dentale merita un approfondimento in cui si spieghi bene cos’è, come è fatta, come e quando si usa, quanto costa, quanto dura e di che tipo di manutenzione ha bisogno un dente incapsulato.
Cos’è una capsula dentale: definizione, tipologie e utilizzo
In termini molto semplici e puntando a una definizione essenziale, si può affermare che
la capsula dentale altro non è che una corona artificiale (la corona naturale altro non è che la parte visibile del dente).
La forma, la dimensione e il colore, quindi, sono identici a quelli di un dente vero, per poter garantire un sorrriso “senza ombre”.
A seconda del materiale di cui è composta, la capsula può essere di diversi tipi:
- ceramica - metallo: l'involucro esterno, quello visibile, è in ceramica, sostenuto internamente da un anima in metallo;
- composito - metallo: l'anima è sempre in metallo, mentre la parte esterna è realizzata in composito, come alternativa alla ceramica;
- ceramica integrale: non prevede nessuna presenza di metallo, questo la rende più efficace esteticamente e le permette di sposare un approccio metal free.
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A cosa serve una corona dentale
L’incapsulamento, cioè l’applicazione della capsula dentale, rientra in un’ottica di odontoiatria conservativa, cioè un approccio che predilige valorizzare e mantenere ciò che c’è (i denti naturali, anche se curati), ricorrendo all’estrazione e all’impianto solo in casi estremi.
Quindi si utilizza l’incapsulamento in presenza di denti gravemente danneggiati (magari da una carie o da una pulpite), fratturati o con smalto rovinato. Si ricorre alla capsula anche a seguito di una devitalizzazione. Può essere utile una capsula anche per ricoprire un impianto dentale.
Come avviene l’incapsulamento del dente
L’inserimento di una capsula (incapsulamento) a protezione di un dente malmesso non è un’operazione particolarmente complessa. Serve, però, più di una seduta per completarla, perché è necessario dare tempo all’odontotecnico di creare la capsula, su indicazione dell’odontoiatra.
Le fasi principali dell’operazione sono:
- Rimozione della corona: viene asportata la parte più esterna del dente danneggiato, per creare posto alla protesi;
- Acquisizione del calco della bocca attraverso un’impronta dentale, per capire forma e dimensione della capsula;
- Inserimento di una capsula provvisoria;
- Creazione della nuova capsula e test direttamente nella bocca del paziente;
- Cementazione, è la fase finale, possibile quando il precedente test è andato a buon fine.
Durata e manutenzione del dente incapsulato
Quanto dura una capsula dentale? La risposta corretta è: dipende dalla cura che si presta al dente incapsulato. La corna protesica, infatti, è molto simile a un dente normale e come tale va trattata. Fondamentale, quindi, è l’igiene orale: lavare i denti regolarmente, tutti i giorni, passare il filo interdentale e sottoporsi a periodiche sedute di pulizia professionale con un igienista.
Rispetto ai denti naturali, poi, la capsula tende ad essere più rigida, quindi è soggetta più facilmente a traumi. Meglio stare attenti, quindi, quando si masticano cibi duri.
Denti e mal di schiena, una connessione da non sottovalutare
Il mal di schiena può essere causato dai denti. Un disallineamento nella dentatura o fenomeni come il bruxismo, infatti, possono provocare modifiche dell’equilibrio posturale e far insorgere dolori cervicali e lombari. Ecco perché la figura dell’odontoiatra è centrale in un percorso di riabilitazione posturale e motoria.
Possibile che il mal di schiena dipenda dai denti? Sì, è possibile, ed è molto più frequente di quanto si pensi. Tra la posizione della dentatura, la salute della bocca e l’equilibrio posturale, infatti, esistono connessioni strettissime, che passano per l’articolazione temporo mandibolare (cosiddetta ATM), un vero crocevia del corpo umano. Il mal di schiena che scaturisce dai denti, quindi, si connette con la più complessa tematica dei disturbi dell’ATM, delle malocclusioni dentali e dei difetti del morso (aperto, profondo, incrociato).
Problemi ai denti e mal di schiena: tutto parte da una malocclusione
Il centro di tutto è proprio la malocclusione dentale, cioè una scorretta chiusura delle due arcate di denti che compongono la bocca. Tale difetto ha come conseguenza diretta quella di attivare in modo anomalo i muscoli della mandibola, facendo lavorare eccessivamente alcuni di questi. A sua volta, la muscolatura mandibolare, scarica tutta la sua tensione sulla colonna vertebrale, cinghia di trasmissione che tiene insieme tutto il corpo. Ed è così che possono insorgere problemi di cervicali o dolori lombari.
Ma da cosa può essere causata una malocclusione? Le ragioni possono essere diverse. La mancanza di un dente, ad esempio, oppure un’otturazione fatta male. Spesso anche una carie trascurata, che ci costringe a modificare la masticazione per evitare il dolore, può, sulla lunga distanza, trasformarsi in disturbi posturali e alla schiena. Infine, in molti casi, la malocclusione dentale è figlia della particolare conformazione della bocca e della dentatura, così come si sono sviluppate durante la crescita. È il caso, ad esempio, del palato stretto che porta ad affollamento dentale e, in generale, di tutte quelle situazioni che richiedono un intervento di ortodonzia con apparecchi per denti fissi o mobili.
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Bruxismo e mal di schiena
Un capitolo a parte, nell’analisi delle correlazioni tra denti e schiena, lo merita il bruxismo, cioè la tendenza, che molti hanno, a digrignare o serrare i denti in modo eccessivo, di giorno o (soprattutto) di notte (bruxismo notturno). È un disturbo molto diffuso, che spesso viene trascurato, mentre è responsabile di importanti ripercussioni su tutto il corpo, letteralmente dalla testa ai piedi. Digrignare i denti, infatti, fa andare in super-lavoro i muscoli della mandibola.
Quindi, anche il bruxismo, se non trattato, può essere all’origine di frequenti mal di schiena. La soluzione? Una visita accurata da uno specialista e l’applicazione di un bite dentale personalizzato, che ripristini la corretta chiusura della bocca e rilassi i muscoli mandibolari.
Il dentista che “cura” il mal di schiena: l’approccio olistico
Quanto detto fino ad ora porta a una naturale conclusione. A volte può essere proprio il dentista, in collaborazione con altri medici specialisti, a “curare” il mal di schiena o (meglio ancora) a prevenire il suo insorgere. In questo senso, appare fondamentale adottare un approccio olistico, che guarda al corpo umano come sistema complesso e non coma a un insieme di segmenti separati. Questa visione permette di inserire i denti e il ruolo del dentista in un flusso più ampio e in un’ottica di collaborazione.
Dal punto di vista operativo, tutto ha inizio con un’approfondita visita occluso-posturale, per realizzare una diagnosi che parta da un’analisi completa della posizione del corpo, della masticazione, del modo di appoggiare i piedi. In ambito odontoiatrico, si è ormai sviluppata una branca specifica che studia queste relazioni, cioè la gnatologia.
Una volta individuato il problema e le sue cause, le possibilità di intervento sono diverse. Si va dal bite agli apparecchi di ortodonzia, fino agli interventi protesici. Tutto con l’obiettivo di ristabilire il giusto equilibrio posturale.
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La protesi Toronto Bridge e la tecnica All on four
La Toronto Bridge è una protesi molto utilizzata per ovviare alla mancanza di denti. È una valida alternativa agli impianti multipli, perché sufficientemente stabile e soprattutto meno costosa. Molto spesso, il suo utilizzo e associato all’applicazione della tecnica All on four.
La mancanza di uno o più denti è forse il problema odontoiatrico che crea maggior disagio e che ha pesanti ripercussioni anche sulla salute della bocca. Si rinuncia a sorridere, si mastica male, si rovinano le gengive. Questo spiega la grande importanza che, da sempre, ha l’implantologia, che si occupa proprio di sostituire denti naturali venuti meno. Le opzioni disponibili sono molteplici, si va dalle economiche (e poco pratiche dentiere) ad impianti sofisticati che nessun è in grado di distinguere dai denti veri. Il Toronto Bridge rientra in questa ampia gamma di opzioni. Vediamo nello specifico di cosa si tratta.
I servizi di impianti dentali dello Studio Odontoiatrico Puzzilli
Tornare a sorridere con la protesi Toronto Bridge e la tecnica All on four
Il Toronto Bridge è una protesi realizzata in ceramica o metallo composito che viene innestata con degli impianti, attraverso la tecnica “all on four”. Cioè quattro impianti che possono reggere un “ponte” composto da una pluralità di denti, fino a 12. Una soluzione che permette di evitare alternative più costose, come quelle che prevedono un dente per ogni impianto. L’efficienza garantita è molto alta, anche se non eguaglia quella degli impianti singoli (rispetto ai quali, però, è meno costoso). Il nome di questa particolare protesi, piuttosto originale, è dovuto al luogo in cui fu inventata: Toronto, negli anni ’80.
Le protesi con o senza finta gengiva
Ovviamente, le attuali protesi Toronto Bridge sono molto più evolute rispetto al prototipo di quasi 40 anni fa. Se ne possono distinguere due tipologie, a seconda che sia presente o meno la cosiddetta flangia, cioè una sorta di gengiva finta.
Il ruolo della flangia, laddove prevista, è quello di supplire alla mancanza di osso e di coprire gli impianti, nei punti in cui fanno da gancio alla protesi. Esteticamente, non si nota nulla. Ciò che è importante è un’attenta cura dell’igiene orale. Quando non necessario, però, si preferisce procedere sempre senza flangia, per ottimizzare ancora di più la resa estetica e la praticità della protesi.
Come si installa il Toronto Bridge
Veniamo ora alla procedura di creazione e installazione di una protesi Toronto Bridge. Non si tratta di un processo particolarmente lungo o complicato. Gli step fondamentali sono sostanzialmente tre.
Il primo passo è rappresentato dalla visita di controllo, con la quale il dentista può verificare la fattibilità dell’intervento. Sempre in questa occasione, se l’esito della verifica è positivo, si può procedere a prendere l’impronta delle arcate dentali, per avviare la progettazione. Presso gli studi del Dotto Emanuele Puzzilli, l’impronta viene presa in modo digitale, attraverso uno scanner che restituisce una perfetta immagine tridimensionale della bocca. Questo consente di eliminare completamente i fastidi legati al metodo tradizionale.
L’impronta dentale, come detto, serve a progettare il lavoro completo, dall’inserimento degli impianti alla creazione della protesi. La fase due è proprio quella degli impianti, che devono essere in numero sufficiente a reggere l’intera protesi e a renderla stabile e funzionale. Nel periodo tra il posizionamento degli impianti e il montaggio della protesi definitiva, ne viene utilizzata una provvisoria.
Infine, la consegna e l’applicazione della protesi Toronto Bridge definitiva segna il completamento dell’intervento. Il paziente può davvero tornare a sorridere.
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Morso aperto, cos’è e come si corregge
Il morso aperto, ovvero un mancato contatto tra i denti che impedisce alla bocca di chiudersi bene, può essere causato da cattive abitudini nei bambini o da particolari conformazioni scheletriche. Di sicuro, però, va corretto tempestivamente con l’ortodonzia, perché è un difetto estetico ma può generare disturbi alla deglutizione e anche alla postura.
Cos’è il morso aperto
Il morso aperto è una malocclusione dentale molto comune, tecnicamente definita “verticale”. Cos’è una malocclusione? Una scorretta chiusura dei denti. Nel caso specifico del morso aperto, i denti anteriori dell’arcata superiore e di quella inferiore non si toccano, lasciando uno spazio innaturale.
A seconda di quale zona della bocca sia coinvolta, è possibile identificare tre diverse manifestazioni di questo disturbo:
- Morso aperto anteriore: riguarda i denti davanti, sono gli incisivi a non sovrapporsi come dovrebbero;
- Morso aperto posteriore: quando i denti davanti si posizionano correttamente, quelli dietro rimangono senza contatto;
- Morso aperto laterale: la mancanza di chiusura riguarda i denti della parte destra o sinistra.
Perché i denti non si chiudono
Le cause del morso aperto sono diverse.
All’origine di questo difetto, ad esempio, possono esserci abitudini sbagliate e non adeguatamente corrette nell’infanzia. I bambini con il morso aperto anteriore, infatti, sono quelli a cui i genitori hanno permesso di fare un uso eccessivo del ciuccio (o del dito in bocca). In una fase delicata di sviluppo, questo vizio può impedire ai denti di crescere nella loro posizione normale e causa anche una modifica dell’apparato scheletrico nella zona interessata. Il rischio, se non si interviene tempestivamente, è che questo difetto si cristallizzi con il completamente dello sviluppo e diventi più difficile da correggere. A risultati simili porta la deglutizione atipica, che si ha quando la lingua preme in modo anomalo sui denti davanti, spingendoli verso fuori.
Insegnare ai bambini a lavarsi bene i denti è fondamentale
D’altra parte, proprio perché le radici del morso aperto stanno in una particolare conformazione scheletrica, questa può essere dovuta a ragioni genetiche, non indotte da fattori esterni. Anche in questo caso, però, l’intervento precoce rende più semplice superare lo scoglio.
Le conseguenze del morso aperto: estetica, deglutizione, linguaggio e postura
Quando si pensa al morso aperto, la prima cosa che viene in mente è di qualificarlo come un difetto estetico. Soprattutto quello anteriore, infatti, è molto visibile e interrompe l’armonia del volto: denti sporgenti, labbra che non riescono a chiudersi bene. La “bellezza” del viso, però, non è l’unica cosa che viene intaccata. Ce ne è una molto più importante: la salute. Avere il morso aperto, infatti, può significare:
- Deglutire male: con disturbi, a cascata, sulla masticazione;
- Avere problemi fonetici e di linguaggio (fino a necessitare dell’intervento di un logopedista);
- Avere problemi posturali (il baricentro corpore avanza e le scapole scivolano anteriormente, con fastidi a livello lombare).
Sulla relazione tra denti e postura puoi leggere un approfondimento qui
Correggere il morso aperto con l’apparecchio
Per correggere il morso aperto è necessario ricorrere all’ortodonzia. Ovviamente, la cura ortodontica deve essere calibrata sulla situazione specifica del paziente. C’è bisogno di un apparecchio fisso o può risultare efficace anche uno mobile? Quanto tempo durerà la cura? Sono domande a cui si può rispondere solo caso per caso, perché fattori determinanti sono la gravità della situazione e anche l’età del paziente. Se correggere un morso aperto in un bambino che è ancora nella fase dello sviluppo è relativamente agevole (ortodonzia intercettiva), farlo su un adulto con più di 20 anni è più complicato (ortodonzia per adulti).
Nel trattamento del morso aperto, tra le varie soluzioni ortodontiche, è possibile utilizzare anche l’apparecchio trasparente, apprezzato soprattutto dagli adulti perché efficace ma discreto.
L’intarsio dentale, una soluzione intermedia tra otturazione e capsula
L’intarsio dentale, una soluzione intermedia (ed efficace) tra otturazione e capsula
L’intarsio dentale permette di ricostruire un dente curato, salvaguardando la parte sana, senza quindi dover ricorrere alla capsula. Si utilizza soprattutto in quei casi in cui la porzione di materia dentale rimasta non è sufficiente per procedere con un’otturazione normale. Realizzato in ceramica o in resina mista, l’intarsio garantisce un risultato impeccabile: durata nel tempo, funzionalità e bellezza estetica.
Parlare di intarsio dentale significa affrontare il tema di come può essere ricostruito un dente danneggiato da una carie. In questi casi, ottenere un ottimo risultato è importate, sia per conservare la bellezza del sorriso che per garantirsi la perfetta funzionalità della bocca. Di solito, quando la porzione di dente sano superstite è buona, si procede con un’otturazione di tipo classico. Al contrario, invece, quando i danni sono molto estesi, si preferisce una soluzione radicale: la capsula. L’intarsio dentale rappresenta una via di mezzo, una tecnica perfetta per tutte quelle situazioni in cui un’otturazione standard non è sufficiente ma, nello stesso tempo, la corona protesica sarebbe troppo invasiva. Il ricorso all’intarsio è molto diffuso per molari e premolari.
Che cos’è
Da un punto di vista materiale, l’intarsio dentale altro non è che la ricostruzione di una porzione di dente, identica a quella che manca al paziente, perché rimossa curando la carie. Può essere realizzato in ceramica o in resine composite, materiali biocompatibili e metal free, in linea con le ultime evoluzioni dell’odontoiatria. Inoltre, la scelta di questo tipo di composti è garanzia di resistenza nel tempo e di un’estetica impeccabile. Sarà impossibile distinguere il dente curato nel sorriso.
Tecnicamente, esistono tre tipi di intarsio dentale:
- Inlay: applicato all’interno della superficie dentale;
- Onlay: copre parzialmente la superficie dentale;
- Overlay: copre totalmente la superficie dentale.
Come si realizza un intarsio dentale
Per applicare un intarsio dentale servono solo due sedute. Si tratta, quindi, di una procedura piuttosto semplice.
La prima seduta serve a preparare il dente e soprattutto a prendere l’impronta che consente la creazione dell’intarsio in laboratorio. Saranno i tecnici, infatti, a riprodurre il “tassello” mancante, assolutamente identico a quello necessario per chiudere il dente. In attesa del loro lavoro, al dente curato del paziente viene applicata un’otturazione provvisoria.
Invece, la seconda seduta (che può arrivare dopo una decina di giorni) è quella in cui viene effettivamente applicato l’intarsio dentale, dopo aver rimosso l’otturazione provvisoria. La stabilizzazione viene realizzata utilizzando del cemento composito (che esclude infiltrazioni batteriche), per poi procedere alla lucidatura e alla prova del buon funzionamento dell’occlusione.
La salute dei denti e delle gengive nelle donne
Gli ormoni femminili, e le diverse fasi che attraversano durante la vita di una donna, influiscono anche sulla salute di denti e gengive. Soprattutto queste ultime risultano molto sensibili alle variazioni ormonali che coincidono con la pubertà, con il ciclo mestruale, con la gravidanza o con l’insorgere della menopausa. In questi momenti, infatti, le gengive possono gonfiarsi e arrossarsi in modo anomalo. Nulla di allarmante, solo situazioni che possono richiedere piccoli accorgimenti.
Se il corpo umano è una macchina perfetta e complessa, quello femminile lo è un po’ di più, perché deputato ad ospitare un evento meraviglioso, cioè la nascita di una nuova vita. Una complessità che, infatti, è strettamente legata alla presenza degli ormoni femminili e alle loro naturali fluttuazioni, in corrispondenza del ciclo mestruale o di particolari fasi dell’esistenza: pubertà, gravidanza e menopausa. Ognuno di questi passaggi, infatti, comporta una variazione del quantitativo di ormoni femminili presenti nel sangue (come progesterone ed estrogeni). Gli effetti di questi cambiamenti si riflettono soprattutto sulle gengive e sui tessuti molli della bocca, con infiammazioni che possono dar vita a gonfiori, arrossamenti e anche sanguinamenti. Il rischio maggiore è sviluppare una gengivite, che puoi poi evolvere in parodontite. Ecco perché è opportuno che ogni donna dedichi un’attenzione particolare alla sua salute orale.
Ecco come prendersi cura delle gengive
La sensibilità gengivale nella pubertà
I primi campanelli di allarme per la salute gengivale nelle donne si fanno sentire al momento dello sviluppo, quindi nella pubertà. È in questo momento, infatti, che si hanno le prime forti variazioni ormonali che portano con sé diverse manifestazioni, tra cui anche un’amplificata sensibilità delle gengive. Di per sé, nulla di grave, ma non bisogna trascurarla. Gengive rosse e sofferenti, infatti, possono significare anche fastidi durante l’igiene orale (magari dei sanguinamenti). Rinunciare a spazzolino e dentifricio, però, non è una buona idea. Anzi, è proprio il momento di fare più attenzione. Spazzolare con cura e passare il filo interdentale, nella maggior parte dei casi non serve altro.
Ciclo mestruale, gengivite e parodontite
Gli stessi sintomi di sofferenza delle gengive possono manifestarsi in corrispondenza del ciclo mestruale. Rispetto alla pubertà, però, in questo caso, il rischio che da semplice sensibilità si sfoci in gengivite o, peggio ancora, in parodontite, è maggiore. Il problema, infatti, è che in una donna adulta possono essere presenti altri fattori di rischio, che concorrono con le fluttuazioni ormonali, come lo stress o il fumo. Anche in questo caso, però, la cosa migliore da fare è prendersi cura con maggiore attenzione di denti e gengive e magari sottoporsi a una visita di controllo da uno specialista.
Il rischio parodontite durante la gravidanza
Il tema della parodontite e dei rischi che comporta per la salute si fa ancora più forte in gravidanza. Anche in questo caso, le variazioni di ormoni legati alla gestazione si riflettono sulle gengive, potendo dare luogo a gengivite più o meno fastidiose. Durante la gravidanza, però, bisogna anche stare molto attenti a tutte quelle patologie che riguardano i denti e che sono legate al proliferare della placca, soprattutto carie e malattia parodontale (la cosiddetta piorrea). È scientificamente provato, infatti, il collegamento tra queste malattie dei denti e un aumento del rischio di parto prematuro. Ecco perché è fondamentale recarsi regolarmente dal dentista durante i mesi di gestazione. Anche perché la diffusa convinzione che le cure dentali possano danneggiare il nascituro è assolutamente infondata, così come non c’è nessun pericolo nell’anestesia praticata dagli odontoiatri, perché locale e leggera.
La gravidanza incide anche sulla salute dei denti dei bambini
La salute dei denti in menopausa
Infine, la menopausa, cioè quella fase della vita di una donna in cui il livello di ormoni tende a scendere. Anche in questo caso, il rischio principale è quello della parodontite, perché si aggiunge un ulteriore elemento che può facilitarla: l’osteoporosi. Inoltre, le donne in menopausa possono trovarsi ad affrontarsi fastidiose sensazioni di secchezza della bocca, con conseguenti bruciore, alitosi e alterazione del gusto. In alcuni casi, l’eventuale terapia farmacologica decisa dal medico per contrastare gli effetti indesiderati della menopausa ha riflessi positivi anche su queste problematiche. Di più, si può solo prestare un’attenzione ancora maggiore all’igiene orale, come già detto, e recarsi più spesso dal proprio dentista di fiducia.
La deglutizione atipica e i suoi effetti negativi sui denti
La deglutizione, quando non corretta, può danneggiare i denti sottoponendoli ad una pressione anomala e provocando malocclusioni. Disturbi che, a catena, possono avere riflessi negativi su tutto il corpo, vista la stretta correlazione che esiste tra dentatura e problemi posturali. L’intervento di un dentista, con una terapia di ortodonzia, più essere risolutivo e rimettere a posto le cose.
La deglutizione atipica
La deglutizione, così come la respirazione, è un gesto involontario di vitale importanza, che ripetiamo migliaia di volte al giorno senza neanche rendercene conto. Deglutiamo circa 2000 volte nelle 24 ore, iniziando quando siamo ancora nel grembo materno (13° settimana di gestazione) e continuando a farlo per tutta la vita. Per deglutire, vengono coinvolti diversi muscoli, oltre alla lingua, al palato e ai denti. La funzione della deglutizione è quella di permettere di ingerire il cibo, deviandolo correttamente verso l’esofago, e di pulire le vie respiratorie che conducono al naso.
Trattandosi di un gesto obbligato, è possibile ritrovarsi a deglutire male? Certo che sì. Si tratta della cosiddetta deglutizione atipica, che altro non è che una deglutizione infantile che si protrae oltre il normale. Un bambino appena nato, infatti, deglutisce in modo molto diverso da un adulto. Lo si può notare facilmente guardandolo: la bocca rimane aperta, la lingua fa un movimento che la porta verso l’esterno. Il motivo è nell’alimentazione: questo tipo di deglutizione è più funzionale all’allattamento al seno (e quindi anche alla conformazione di ciucci e biberon, che lo riproducono artificialmente).
Con la crescita, la deglutizione cambia e si adatta ad un nuovo regime alimentare e a nuove esigenze. L’evoluzione è causa e conseguenza, allo stesso tempo, della modifica dell’intera bocca: denti e palato in primo luogo. Ecco perché, quando questo sviluppo non avviene e la deglutizione rimane allo stadio infantile, possono sorgere diversi problemi che colpiscono la masticazione, la respirazione, la posizione dei denti, la forma del palato. Difficoltà che possono anche tradursi in disturbi più complessi, come alterazioni estetiche e squilibri posturali.
Denti e postura, un legame molto stretto
Ristabilire la deglutizione corretta con l’ortodonzia
Come detto, i denti sono strettamene correlati con la deglutizione e sono tra le vittime principali dei difetti che possono colpire quest’ultima. Infatti, la malocclusione dentale, cioè una scorretta chiusura del morso, può essere conseguenza (e a volte anche causa) della deglutizione atipica. La colpa è soprattutto della lingua. Quando si deglutisce male, infatti, la lingua invece che muoversi all’indietro lo fa in avanti, esercitando una forte pressione sui denti. E visto che si deglutisce migliaia di volte al giorno, questa pressione è costante e molto potente, tanto da modificare l’arcata dentale. Nascono così problemi come i denti sporgenti, il morso profondo (incisivi superiori molto più avanzati del normale) o il morso inverso (arcata inferiore che si chiude davanti a quella superiore).
Per eliminare i difetti provocati dalla deglutizione atipica, può essere necessario ricorrere all’ortondonzia, cioè all’apparecchio per denti (sia esso trasparente, linguale o tradizionale). Parallelamente, però, soprattutto quando le cause del difetto nel deglutire sono esterne ai denti, bisogna agire per eliminare il problema alla radice, altrimenti si rischia di ritrovarsi nella stessa situazione dopo pochi mesi, vanificando tutti gli sforzi. Perché se la lingua continua a fare una pressione scorretta, i denti continuano a spostarsi.
Servizi di ortodonzia – Studio odontoiatrico Puzzilli
Placca, il nemico invisibile (e letale) dei denti
Cos’è la placca dentale? E come si trasforma in tartaro? Conoscere le origini e le caratteristiche di uno dei principali nemici dei denti e fondamentale. Imparare come eliminare la placca batterica è il primo e più importante passo per garantire salute alla propria bocca e bellezza al proprio sorriso.
Il termine placca ha molti significati ed è in grado di evocare immagini molto diverse. Dalle placche della crosta terrestre, in geografia, alle placche metalliche che possono essere usate nei processi industriali. In medicina, però, il campo si restringe, soprattutto se ci si limita al parlare comune: ci sono le placche alla gola e c’è la placca dentale. Ed è proprio di quest’ultima, conosciuta anche come placca batterica, che è doveroso parlare sul sito di uno studio dentistico.
Cos’è la placca dentale
“Attenzione alla placca”. “Bisogna eliminare la placca dai denti”. “La placca è pericolosa”. Ogni dentista nomina questo invisibile nemico dell’igiene orale migliaia di volte nella sua carriera professionale. Ma cos’è esattamente la placca dentale? Una cosa molto semplice, quasi banale: una “pellicola” incolore e appiccicosa, un mix di residui alimentari, batteri e cellule morte. In tanta banalità, però, si nasconde un grave pericolo per la salute dei denti. È dalla placca, infatti, che scaturisce il tartaro.
Dalla placca al tartaro
Il passaggio da placca a tartaro avviene a seguito di una reazione chimica causata dai sali minerali presenti nella saliva. La placca si calcifica e si deposita sui denti allo stato solido. Ecco il tartaro, primo responsabile di gravi patologie dentarie, come la carie (o, peggio, la parodontite), o di fastidiosi disturbi, come l’alitosi.
Per sapere dipiù sul tartaro e sulle sue conseguenze, leggi l’approfondimento dedicato
I rilevatori di placca
Per scovare la placca presente sui denti e fare una valutazione (anche a casa) della situazione è possibile utilizzare i cosiddetti rilevatori di placca. Si tratta di sostanze chimiche atossiche in grado di colorare la placca, facendola diventare rossa, quindi più visibile. Il loro effetto sparisce con un semplice risciacquo. Sono disponibili sia sotto forma di liquidi (soprattutto per uso professionale) che in pasticche.
Come rimuovere la placca
Arriviamo alla fatidica domanda: come si toglie la placca batterica? È inutile girarci intorno, tanto non ci sono segreti o trucchi del mestiere da svelare. L’unico modo per eliminare la placca dai denti e impegnarsi nell’igiene orale. Quindi lavarsi bene e frequentemente i denti e passare sempre il filo interdentale. A questi temi abbiamo già dedicato diversi articoli, dei quali è vivamente consigliata la lettura:
- Come lavare bene i denti
- Come scegliere lo spazzolino migliore
- I vantaggi dello spazzolino elettrico
- Come scegliere il dentifricio migliore
- L’importanza del filo interdentale e come utilizzarlo al meglio
- La pulizia dei denti professionale
Sorriso gengivale, la chirurgia non è sempre necessaria
Sorriso gengivale, la chirurgia non è sempre necessaria
Il sorriso gengivale (gummy smile) è un difetto estetico che può generare molto imbarazzo. Le cause del problema possono essere diverse, così come le soluzioni. In alcuni casi è necessario intervenire con la chirurgia. Ma ormai sono molte anche le soluzioni alternative.
Cos’è il sorriso gengivale
Gummy smile è l’espressione con cui in lingua inglese si chiama il sorriso gengivale. Sorriso di gomma, quindi. E in effetti questa semplice coppia di parole rende bene l’idea di una bocca che appare “gommosa” ed eccessivamente morbida, perché le gengive sono troppo visibili. L’opposto di quello che accade in presenza di gengive ritirate. È un difetto estetico che può nascondere anche problemi funzionali e che comunque è spesso causa di un forte imbarazzo. Una delle caratteristiche di un bel sorriso, infatti, è l’armoniosa proporzione tra denti e gengive.
Imparare a prendersi cura delle gengive
Le persone che hanno un sorriso gengivale tendono a evitare di mostrarlo o quantomeno ridono in maniera molto timida e parsimoniosa. Come tutti i difetti che colpiscono la bocca da un punto di vista estetico, quindi, il gummy smile ha importanti ricadute sulla sicurezza e sull’autostima. Un motivo in più per cercare una soluzione al problema. Per riuscirci, però, bisogna prima indagare le cause.
Le cause del sorriso gengivale
Come detto, la definizione di sorriso gengivale si ferma a descrivere un effetto estetico, ma nulla dice del perché si è arrivati a quel risultato. Per quale motivo le gengive sono così visibili, tanto da sovrastare i denti? Le possibili cause sono:
- Scarsa quantità di superficie dentale esposta: i denti, nella parte che fuoriesce dalla gengiva, sono “piccoli” e quindi meno visibili del normale;
- Prominenza dell’osso della mascella;
- Morso profondo: i denti dell’arcata superiore superano eccessivamente quelli dell’arcata inferiore, facendo scoprire le gengive;
- Labbro superiore corto o con muscoli elevatori iperattivi: quando si sorrise, quindi, il labbro si solleva troppo, scoprendo le gengive.
I rimedi al sorriso gengivale: soluzioni chirurgiche e non
A seconda della causa che sta alla base del sorriso gengivale, i rimedi che si possono attuare sono diversi. In generale, per molto tempo, l’intervento chirurgico è stata la soluzione più diffusa, utile soprattutto nei casi di scarsa esposizione della superficie dentale. Oggi, però, non è più l’unica, per la gioia di tutti quei pazienti che hanno paura del dentista anche quando si tratta di fare un semplice controllo odontoiatrico. Vediamo tutto il ventaglio di possibili rimedi al gummy smile.
La chirurgia odontoiatrica: allungamento di corona clinica e riposizionamento delle gengive
Partiamo proprio dal rimedio chirurgico. L’obiettivo è riposizionare il tessuto delle gengive in una posizione più arretrata rispetto a quella che occupano. Questo si ottiene eliminando parte della gengiva stessa e, in alcuni casi, anche dell’osso di sostegno ai denti. In questo modo si va ad aumentare la porzione di superficie dentale visibile e a ridurre quella gengivale.
L’ortodonzia: intrudure i denti
Anche l’ortodonzia può rappresentare un rimedio al sorriso gengivale. Bisogna intrudure i denti, cioè farli indietreggiare verso l’osso. Le gengive tenderanno a seguirli e quindi ad “accorciarsi”.
Botulino e sorriso gengivale
Quando il problema è dato da un’iperattività dei muscoli che sollevano il labbro superiore, una soluzione che ci si può sentir proporre è quella del botulino. La sostanza, molto utilizzata in chirurgia estetica, viene iniettata nel labbro superiore e ne rilassa i muscoli, che quindi tenderanno a farlo scendere, dandogli modo di coprire meglio le gengive. La soluzione, però, è temporanea e discutibile, visto il tipo di sostanza utilizzata.
Recesso gengivale, come rimediare a gengive ritirate
Le gengive ritirate sono brutte da vedere e causa di forti fastidi. Ecco perché è fondamentale prevenire l’insorgere di una recessione gengivale e, quando questa si palesa, intervenire tempestivamente, magari in modo chirurgico. È importante, quindi, conoscere le cause e i sintomi della retrazione.
Se le gengive si ritirano, lasciano scoperte porzioni di dente che non sarebbero altrimenti visibili. Il risultato è fastidioso da un punto di vista estetico ma soprattutto dà vita a diversi disturbi: sensibilità dentale, sanguinamento, dolore diffuso. Questo è il motivo per cui la recessione gengivale è un nemico che va conosciuto e combattuto.
Cos’è la recessione gengivale e come si manifesta
La recessione gengivale è un problema tanto fastidioso quanto semplice da individuare. Si tratta, infatti, di un vero e proprio “accorciamento” delle gengive, rispetto alla loro ampiezza naturale. Per cause che possono essere diverse (e che tra poco analizzeremo), le gengive possono subire una regressione, ritirandosi verso la radice del dente, e lasciando scoperta la parte inferiore dello stesso.
Imparare a prendersi cura delle gengive
Così descritta, la recessione gengivale potrebbe sembrare solo un problema estetico ma non è affatto così. Al ritiro, infatti, si associano disturbi ai denti anche piuttosto seri, come accresciuta sensibilità, infiammazioni, piorrea. Ecco perché, quando si nota qualcosa che non va nelle gengive, non bisogna temporeggiare.
I sintomi
Per riconoscere la recessione gengivale ci si può affidare a diversi sintomi:
- Denti all’apparenza più lunghi;
- Spazi interdentali più ampi;
- Sensibilità dentale;
- Arrossamento e sanguinamento delle gengive;
- Dolore diffuso.
Le possibili cause di gengive ritirate
Come detto, all’insorgere di almeno uno di questi campanelli di allarme, è bene recarsi tempestivamente dal proprio dentista di fiducia, per capire se davvero si è di fronte a un caso di gengive in recessione. Spetterà all’odontoiatra, una volta confermata l’esistenza del problema, indagare le possibili cause.
Molto spesso, la responsabilità è della cattiva igiene orale. Questo conferma una volta di più (se mai ce ne fosse bisogno), l’importanza di lavare sempre i denti, per evitare l’accumulo di placca e tartaro. Questo significa anche scegliere i prodotti giusti (spazzolino, dentifricio e filo interdentale) e usarli bene. Uno spazzolamento troppo energico, infatti, può danneggiare le gengive.
Anche il fumo può essere causa di recesso gengivale, così come il bruxismo (l’abitudine di digrignare i denti) e alcuni disturbi alimentari. Così come bisogna prestare attenzione ai piercing su labbra e lingua.
Infine, ci sono alcune patologie specifiche che possono causare il ritiro:
Cosa fare per evitare o curare la retrazione delle gengive
Capire l’origine della recessione gengivale è necessario anche e soprattutto per approntare la reazione più corretta. I rimedi contro questo tipo di disturbo, infatti, possono essere diversi.
La prevenzione
Prima di addentrarci nel discorso relativo alle cure per le gengive ritirate è opportuno fare un piccolo passo indietro e parlare di prevenzione. Il vecchio proverbio mai smentito, infatti, recita una chiara verità: meglio prevenire che curare.
Come si previene la recessione gengivale? L’unico metodo è la corretta igiene orale e una periodica pulizia dentale professionale. Con qualche accorgimento specifico:
- utilizzare spazzolini da denti con setolo morbide;
- utilizzare dentifrici arricchiti con fluoro (ma senza esagerare, per evitare di incappare nella fluorosi);
- evitare dentifrici e altri prodotti con azione sbiancante.
I rimedi
Se la prevenzione non basta e le gengive si ritirano ugualmente, i rimedi possibili dipendono dalla gravità della situazione.
Quando la recessione è solo all’inizio e ancora poco pronunciata, si può scegliere una risposta di tipo conservativo, cioè volta a evitare che la situazione degeneri. E qui torna in gioco l’igiene orale, che va migliorata e implementata.
Davanti a una regressione già marcata, però, non è più possibile affidarsi solo a spazzolino e dentifricio. È necessario mettere in atto una soluzione chirurgica, con un innesto di tessuto molle che, prelevando materiale gengivale da punti della bocca dove è maggiormente presente (solitamente il palato), lo “sposta” dove invece manca.
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