Parodontite: cause, sintomi e cura di un nemico conosciuto come piorrea
Cos’è la parodontite (conosciuta anche come piorrea)? Come si sviluppa e come si cura? Da quali sintomi è possibile riconoscerla? Tutte domande a cui è bene dare una risposta chiara, perché la malattia parodontale è tra le più aggressive in odontoiatria, capace di far soffrire molto le gengive e provocare anche la caduta dei denti (una delle paure più diffuse e sentite).
Parodontite, malattia parodontale, piorrea (nel linguaggio comune). Diversi nomi per indicare 8con sfumature diverse) un’unica patologia (e le sue diverse fasi), che attacca i tessuti parodontali e, se trascurata, può provocare la temuta caduta dei denti. Il paradonto, infatti, è l’insieme di quei tessuti (gengive comprese) che tengono fermi e saldi i denti. Non preoccuparsi dell’infezione parodontale, quindi, significa costringersi a cure lunghe e dispendiose, fino alla necessità di ricorrere agli impianti dentali. Perciò, ancora una volta, la prevenzione si conferma la migliore delle cure contro la piorrea. I campanelli di allarme non vanno trascurati, soprattutto se si tratta di denti che si muovono e gengive sanguinanti.
Tra l’altro, la parodontite è una malattia molto più diffusa di quanto si pensi, soprattutto negli adulti con più di 35 anni, e spesso accompagna altre patologie, come il diabete. Ovviamente, la piorrea può manifestarsi con diversi livelli di gravità e di durata, ecco perché si parla anche di parodontite cronica.
Cos’è la parodontite (o piorrea)
Sotto il profilo clinico, come in parte già anticipato, la definizione di parodontite più corretta è quella di infezione batterica del parodonto. Si tratta, quindi, di una patologia infiammatoria scatenata dal progressivo accumularsi di batteri nel solco gengivale. Il termine piorrea, desueto in odontoiatria ma diffuso nel linguaggio comune, identifica soprattutto la fase terminale di questa patologia, quella più grave perché comporta la comparsa di sanguinamento o pus. Nello stadio iniziale, invece, la malattia parodontale aggredisce prevalentemente la corona dentale e non intacca la radice, quindi, se curata tempestivamente, è risolvibile.
Inoltre, è utile sottolineare la differenza tra la parodontite propriamente detta, a cui è dedicato questo approfondimento, e la parodontite apicale acuta che, pur avendo lo stesso nome, costituisce una malattia diversa. In quest’ultimo caso, infatti, il disturbo colpisce sempre il parodonto ma è causata dall’infiammazione della polpa dentaria ed è conseguenza di una carie non trattata oppure di traumi.
Le cause della parodontite
Venendo invece ai motivi per cui viene la piorrea, la causa principale è da ricercarsi nella presenza di placca batterica, la nemica per eccellenza della bocca, generatrice del tartaro e all’origine di tantissime patologie che colpiscono il cavo orale. Tutto inizia con una gengivite, un’infiammazione delle gengive che, però, prende sempre più piede, fino a colpire anche il legamento parodontale, l’osso alveolare (da qui il nome di parodontite alveolare) e il cemento radicolare. In pratica, l’intero parodonto finisce sotto attacco infiammatorio. Il primo effetto è il parziale ritrarsi delle gengive. Una regressione che modifica il solco gengivale e spiana la strada alla creazione delle tasche parodontali, la manifestazione più chiara della piorrea. In queste tasche possono proliferare alcuni batteri della placca. Ed ecco che si è creato un canale ancora più efficiente per il propagarsi dell’infiammazione.
È importante prendersi cura delle gengive
Come ci si accorge di avere la piorrea: i sintomi precoci e quelli gravi
Vista la gravità delle conseguenze che la parodontite può causare, è bene attivarsi appena se ne percepiscono i sintomi. Prima si interviene, infatti, e meno danno è in grado di fare l’infezione.
I sintomi precoci della parodontite sono sicuramente quelli più difficili da ricollegare alla patologia, perché piuttosto generici e comuni ad altri disturbi. Non di meno, però, sono quelli a cui è importante dare peso, perché permettono di intervenire tempestivamente.
- Leggera alitosi
- Lievi disturbi gengivali: sanguinamento sporadico, arrossamento, gonfiore, ammorbidimento, principio di recessione.
Man mano che l’infiammazione avanza, i sintomi iniziali si fanno più marcati: l’alitosi peggiora e i disturbi alle gengive si moltiplicano. Il sanguinamento, quindi, si fa frequente e abbondante, gonfiore e arrossamento sono più evidenti, così come la recessione gengivale, che può arrivare a scoprire la radice.
A questi si aggiungono sintomi nuovi, piuttosto gravi:
- Indolenzimento dentale;
- Comparsa di spazio tra i denti;
- Mobilità dentale.
Cosa fare contro la parodontite: prevenzione e cura
La comparsa dei primi sintomi e poi di quelli più gravi segnala che si è già in ritardo ed è necessario correre dal dentista per non peggiorare la situazione. L’ideale, infatti, sarebbe riuscire a prevenire la piorrea, piuttosto che curarla.
Come prevenire la piorrea
L’attività di prevenzione verso l’insorgenza della piorrea si gioca essenzialmente su due fronti:
- Igiene orale;
- Buone abitudini.
La corretta pulizia dei denti, da fare quotidianamente e anche più volte al giorno, è fondamentale. A questa, però, va abbinata ad una periodica e regolare igiene dentale professionale.
Vuoi sapere come lavare bene i denti? Leggi la guida dedicata
Per quanto riguarda le buone abitudini, invece, sarebbe più corretto parlare di come evitare quelle cattive e una in particolare: il fumo. Le sigarette, infatti, sono nemiche giurate della bocca, oltre che di tutto il resto del corpo.
Il trattamento odontoiatrico della parodontite
La cura della parodontite comporta la pulizia approfondita dei denti, con chiusura delle tasche parodontali, eliminazione dei batteri e rigenerazione dei tessuti. Per molti anni, si è proceduto mediante intervento chirurgico, accompagnato da terapia antibiotica. L’efficacia, però, era limitata, perché non tutti i punti del parodonto risultavano raggiungibili. Oggi, invece, è molto più diffusa (ed efficace) la terapia con microscopio e laser che permette di eliminare i fattori che determinano il disturbo in maniera profonda e completa.
Corone dentali in ceramica integrale, il restauro dei denti c’è ma non si vede
Le corone dentali in ceramica integrale sono un punto di riferimento per gli interventi di restauro e ricostruzione di denti danneggiati. Questa nuova generazione di corone, infatti, garantisce il massimo risultato, sia in termini funzionali (sono molto resistenti) che estetici (si confondono con i denti naturali). Il segreto è il materiale di cui sono composte: la ceramica integrale. In questo articolo, un approfondimento sul metodo di applicazione delle corone in ceramica integrale e sui loro vantaggi.
Di fronte a un dente da curare, perché cariato o danneggiato da un trauma, la soluzione migliore è sempre quella di salvaguardarlo il più possibile (cosiddetta odontoiatria conservativa). Quando il dente è gravemente compromesso, però, l’intervento di restauro e ricostruzione non può che essere radicale. E in questi casi che è necessario ricorrere all’inserimento di una corona dentale artificiale (conosciuta anche come capsula), che va a sostituire quella naturale. Altri rimedi, come l’otturazione, l’intarsio e le faccette dentali non sono praticabili quando ci si trova di fronte a denti devitalizzati, fratturati o con carie e otturazioni vecchie e molto estese (che magari corrono lungo il bordo gengivale). Sottoporsi ad un intervento di restauro dentale di questo tipo, però, fa sorgere nei pazienti sempre lo stesso dubbio: la corona dentale sarà visibile e mi rovinerà il sorriso? una volta, in effetti, il rischio di un risultato estetico sgradevole c’era. Oggi, per fortuna, on è più così. La soluzione, infatti, sono le corone in ceramica integrale. Prima di capirne di più, però, è necessaria una premessa per capire cos’è questa ceramica integrale.
Cos’è la ceramica integrale
Detto in parole molto semplici, la ceramica integrale è un materiale particolare che viene utilizzato ampiamente in odontoiatria. I motivi di questo ampio ricorso alla ceramica integrale sono sia estetici che funzionali e hanno a che fare con le caratteristiche proprie di questo materiale. Si tratta, infatti, di ceramica pura, senza contaminazione con alcun tipo di metallo. Questo conferisce alle capsule dentali un colore identico a quello dei denti naturali e una trasparenza che permette il passaggio della luce. Inoltre, la ceramica integrale è eccezionalmente resistente e quindi rende sicura e serena la masticazione anche se ild ente non è più quello originario.
Per la creazione di una corona dentale artificiale (o di un ponte), possono essere utilizzate tre tipologie di ceramica integrale:
- Zirconia-ceramica;
- Alluminia-ceramica;
- Disilicato di litio.
Corona in ceramica integrale, tutti i vantaggi di un restauro dentale invisibile
La corona dentale in ceramica integrale, quindi è un alleato fedele per recuperare un sorriso perfetto. I vantaggi legati all’uso di queste soluzioni per realizzare i restauri dentali sono sia estetici che funzionali.
Come già detto, infatti dal punto di vista dell’aspetto, la ceramica integrale garantisce un risultato praticamente impeccabile. Colore naturale, riflesso, trasparenza e la totale assenza di aloni di colore grigio, tipici invece delle vecchie capsule metalliche. Oggi un dente trattato con una corona in ceramica integrale è assolutamente irriconoscibile, identico a tutti gli altri. Per anni, invece, siamo stati abituati a vedere denti dai riflessi grigi spuntare nelle bocche, perché ricostruiti con materiali metallici. Un discorso analogo può essere applicato anche ai ponti dentali.
Numerosi, però, sono anche i pregi legati alla funzionalità e alla salute. La ceramica, infatti, è un materiale biocompatibile, che non crea allergie e che si sposa perfettamente con le più moderne tecniche di odontoiatria metal free, cioè senza uso di metalli. A questo si aggiunge l’ottima risposta che le gengive hanno nei confronti di questo tipo di capsule, che non provocano arrossamenti o irritazioni.
Leggi di più sull’odontoiatria metal free
Infine, un ultimo vantaggio da non trascurare è la resa nel tempo. La corona in ceramica integrale dura a lungo senza bisogno di nuovi interventi, perché molto resistente
Quanto costa il restauro in ceramica integrale
Come spesso accade in odontoiatria, parlare di costi in maniera generica non è possibile. Ogni intervento è diverso, così come ogni bocca, e ci sono moltissime variabili che possono finire per influenzare il prezzo finale della ricostruzione. Questo ovviamente vale anche per corone e ponti in ceramica integrale.
Una buona indicazione, però, può essere proprio quella di non farsi troppo sedurre dai costi stracciati, che troppo spesso nascondo carenze di qualità. Se il materiale è davvero di alto livello e il professionista che applica la corona in ceramica integrale ha una professionalità riconosciuta, il risultato è destinato a durare molto a lungo. Il costo, in questo caso, anche se superiore alla media, viene facilmente ammortizzato. E chi ne beneficia è soprattutto la salute.
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Chi ha paura dei denti cariati? Breve guida alla carie, nemica giurata del sorriso
La carie dentale è l’incubo di tutti coloro che amano sfoggiare un sorriso perfetto. E anche dei loro dentisti. Avere dei denti cariati, infatti, significa subire un danno estetico ma anche funzionale, oltre che provare un dolore insopportabile nel caso di scateni anche un ascesso. Ecco perché è importante conoscere bene il nemico “carie”, per prevenirlo e contrastarlo. In questo articolo si analizzano tutti gli aspetti dei denti cariati: cause, sintomi e possibili cure.
La carie è uno dei peggiori nemici del sorriso e della salute orale. Infatti, può causare dolori molto forti e rovinare sia la funzionalità che l’estetica dei denti. Ecco perché, chi ci tiene alla propria salute orale, ha una gran paura di vedere i propri denti cariarsi. Purtroppo, quasi tu23tti, nel corso della vita, siamo costretti a fare i conti con una carie, prima o poi. Per evitarla o contrastarla, quindi, è bene conoscerla.
Cos’è una carie dentale
Partiamo dalla definizione. La carie dei denti rientra nella categoria delle infezioni dentali. Più nello specifico, è una malattia degenerativa che colpisce i tessuti duri del dente. In una prima fase aggredisce lo smalto e poi la dentina. Se non viene fermata in tempo, però, la carie può raggiungere anche la polpa dentaria e da lì degenerare in altre patologie: pulpite, ascesso, cisti, granuloma, gengivite e piorrea.
Finché l’azione distruttiva dei batteri si ferma allo smalto, si parla di carie superficiale, praticamente asintomatica. Quando invece l’aggressione tocca la dentina, magari distruggendola completamente, ci si trova di fronte ad una più grave e dolorosa carie cavitata.
Diverso, invece, è il caso della carie radicolare, così chiamata perché si manifesta vicino alla radice del dente, in prossimità della gengiva, spesso causando una recessione della stessa. Così come un altro caso ancora è quello della carie che si forma tra due denti.
Infine, un discorso a parte lo meritano le carie che si sviluppano durante l’infanzia. Il fatto che i denti dei bambini (quelli da latte) siano destinati a cadere induce molti genitori in errore facendogli trascurare la necessità di curarle. Invece, di fronte a dentini cariati è importante andare quanto prima del dentista. Il perché è possibile leggerlo in questo articolo dedicato.
Come capire se un dente è cariato: i sintomi
Come si fa a rendersi conto se si ha una carie? Ci sono dei campanelli d’allarme? La domanda è lecita. Una diagnosi precisa può essere fatta solo da un dentista. Il corpo, però, lancia diversi segnali che possono far sospettare la presenza di denti cariati. I sintomi della carie più comuni sono:
- mal di denti;
- sensibilità dentale (soprattutto al caldo e al freddo);
- presenza di macchie scure sui denti;
- presenza di fori.
Quando si avvertono sintomi che fanno sospettare l’insorgenza di una carie ai denti è bene rivolgersi tempestivamente al proprio dentista di fiducia. Solo un odontoiatra, infatti, può valutare la gravità della situazione e prendere i dovuti provvedimenti. Non è in alcun modo possibile curare la carie a casa, con improbabili metodi fai da te. Anzi, posticipare la visita odontoiatrica, può solo peggiorare la situazione, perché da tempo all’infezione di muoversi in profondità, continuando a fare danni.
Perché i denti si cariano? Alla scoperta delle cause delle carie
Ma da cosa (o da chi) è causata una carie? I principali responsabili dei denti cariati sono i batteri che popolano il cavo orale. Si tratta di microrganismi che si trovano naturalmente nella bocca umana e che, in condizioni normali, non provocano alcun danno.
I problemi sorgono quando questi batteri si annidano nella placca e vengono messi in condizione di nutrirsi di residui di alimenti, rimasti attaccati ai denti o negli spazi interdentali. Mangiando tali zuccheri, infatti, liberano lattato, una sostanza particolarmente acida che riesce ad intaccare lo smalto dei denti. È così che si crea un varco che consente ai batteri di penetrare dentro il dente, aggredendo prima la dentina, che è più “debole” dello smalto perché composta da una maggiore percentuale di tessuto organico, e poi la polpa. Ecco spiegata l’origine dei denti cariati.
Come prevenire le carie: fattori di rischio e buone pratiche di igiene orale
Come detto, gli agenti che materialmente provocano la carie sono i batteri. Dare a loro tutta la colpa, però, è sbagliato. I denti cariati, purtroppo, sono frutto di un insieme di cause differenti. Per questo motivo, risultando difficile controllarle tutte, l’arma più efficace per non avere denti cariati è la prevenzione, ovvero una cura attenta dell’igiene orale.
La pulizia dei denti per prevenire le carie
Vediamo quali sono i principali fattori di rischio che possono facilitare il formarsi delle carie sui denti.
Struttura genetica dei denti. La carie, come moltissime patologie umane, può essere incentivata da fattori genetici. Nello specifico, particolari caratteristiche dello smalto e della dentina possono renderli più facilmente attaccabili e più soggetti alle aggressioni batteriche.
Conformazione della bocca e della dentatura. Denti storti o molto spaziati tra di loro possono essere tra le concause delle carie dentali. I residui di cibo, che alimentano l’azione batterica, posso depositarsi più agevolmente e sfuggire al passaggio dello spazzolino.
Caratteristiche della saliva. Visto che l’insorgenza delle carie è strettamente legata al livello di acidità della bocca, la saliva gioca un ruolo da protagonista. Infatti, è suo il compito di mantenere un corretto equilibrio del ph orale, oltre a svolgere una funzione immunitaria. Quindi, se la produzione di saliva si abbassa o questa diventa più acida, le carie trovano terreno fertile per attecchire.
Presenza di placca dentale. La placca è il luogo che fornisce ospitalità e nutrimento ai batteri. Ecco perché è direttamente implicata nelle carie ai denti. Si conferma, quindi, l’importanza di una buona igiene orale, che la rimuova completamente e con attenzione.
Cattive abitudini alimentari. Il consumo eccessivo di alimenti contenenti zuccheri più alterare l’equilibrio acido della bocca e quindi creare un ambiente favorevole a dar vita a denti cariati. È perciò una buona abitudine evitare o moderare il consumo di cibi che favoriscono la carie, come caramelle, dolci e bevande zuccherate. Viceversa, bene venga l’assunzione di alimenti con sali minerali, che rinforzano i denti.
Cattiva igiene orale. Lavare i denti è una cosa seria e un impegno fondamentale per mantenere in salute la bocca. Non basta passare velocemente lo spazzolino, la sera prima di andare a dormire. I denti vanno lavati dopo ogni pasto e con attenzione. Inoltre, è sempre meglio avvalersi anche di filo interdentale e, all’occorrenza, collutorio. Infine, periodicamente è indicato sottoporsi a una pulizia dei denti professionale.
Come si cura una carie
Le scelte su come curare la carie dipendono dalle sue caratteristiche e da quanto abbia già aggredito il dente.
Le carie superficiali, quelle che non danno sintomi dolorosi perché ancora circoscritte allo smalto, non richiedono interventi invasivi. Possono essere trattate con del fluoro, che le rende carie secche e quindi innocue.
L’otturazione, invece, è la soluzione più diffusa e conosciuta e si applica quando la carie ha attaccato la dentina senza però raggiungere la polpa. In questo caso, il dentista rimuove la porzione di dente malato, disinfetta l’area e termina otturandola con un materiale particolare. Se il dente risulta particolarmente indebolito si può rendere necessaria la creazione di una corona che sostituisce quella originale. I progressi tecnologici permettono oggi di offrire delle otturazioni e delle corone esteticamente impeccabili, che non si notano e non rovinano il sorriso.
Se invece la carie si è spinta fino all’estremo, l’unico rimedio possibile per salvare il dente è la devitalizzazione, che comporta la rimozione della polpa e la sua sostituzione con materiali compatibili, sia fisiologicamente che esteticamente.
Infine, l’eventualità di una estrazione del dente in seguito ad una carie è piuttosto remota. È la soluzione estrema, praticata solo quando il dente è irrimediabilmente compromesso e non può essere salvato.
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Sbiancamento denti professionale, riconquista un sorriso brillante
Lo sbiancamento dei denti professionale fa tornare bianco e brillante ogni sorriso. Per sbiancare i denti esistono diverse tecniche, che utilizzano agenti chimici non aggressivi, attivati da fonti luminose (led o laser). Qual è il modo migliore per riavere denti bianchi? Ci sono controindicazioni nello sbiancamento dentale? E quanto costa il trattamento? Ecco le risposte a queste (e altre) domande.
I denti bianchi sono indiscutibilmente sintomo di salute e bellezza. D’altra parte, se vi capita di vedere una persona con denti gialli, cosa pensate? Sicuramente che sta poco bene o che si trascura. Ecco perché lo sbiancamento professionale dei denti è uno degli interventi di estetica dentale più richiesti. Ogni giorno, infatti, il bianco naturale dei denti (che poi non è così bianco, come viene spiegato qui) viene messo in pericolo dalla vita quotidiana e dalle cattive abitudini. Mangiare e bere cibi e bibite scure (come il caffè o la liquirizia), oppure fumare, sono solo alcune delle attività che facciamo normalmente e che contribuiscono a rendere meno luminosa la nostra bocca. E una corretta igiene orale aiuta ma può non essere sufficiente. Ecco allora che viene in soccorso lo sbiancamento dentale professionale.
Consigli per mantenere i denti bianchi
Come funziona lo sbiancamento dentale professionale
Come anticipato, lo sbiancamento denti professionale è un trattamento di estetica dentale che ripristina la colorazione perfetta. Questo tipo di intervento, affidato a professionisti specializzati, è chiamato anche bleaching o “sbiancamento in poltrona”, per distinguerlo da rimedi “fai da te”, spesso poco raccomandabili, perché pericolosi per lo smalto.
Il procedimento è piuttosto semplice. Si inizia con una fase preparatoria, che prevede un’accurata pulizia dei denti (detartrasi) e l’apposizione di una sostanza protettiva sulle gengive. In seguito, il dentista procede all’applicazione di un gel sbiancante, che può essere perossido di idrogeno (messo direttamente sui denti) o perossido di carbammide (applicato tramite faccette). Infine, tali sostanze vengono “attivate” mediante una luce al led o un laser.
Lo sbiancamento denti con perossido di idrogeno prevede 2 o 3 applicazioni consecutive, da circa 15 minuti ciascuno. Quello con perossido di carbammide, invece, necessità di una sola applicazione, ma prolungata per almeno 30 minuti.
Presso gli studi dentistici del Dottor Emanuele Puzzilli, a Ostia, Roma e Milano, viene praticata una speciale tecnica di sbiancamento dentale, messa a punto da lui stesso, che permette di raggiungere risultati ottimali e duraturi in due sedute, anche in casi molto complicati.
Le controindicazioni dello sbiancamento denti: dolore e danni allo smalto (?)
La maggior parte dei pazienti che decidono di sottoporsi a sbiancamento dentale hanno due paure: il dolore (prima e dopo il trattamento) e i danni allo smalto. Per fortuna, si tratta di paure infondate. È possibile affermare con certezza, infatti, che:
- No, lo sbiancamento dei denti non fa male, perché non si avverte dolore né durante il trattamento, né dopo
- No, lo sbiancamento dei denti professionale non danneggia lo smalto, perché vengono utilizzati agenti sbiancanti e macchinari non aggressivi.
Piuttosto, sono le soluzioni di sbiancamento “fai da te”, i cosiddetti rimedi casalinghi (o della nonna) per denti bianchi, a fare danni. Basti pensare agli effetti negativi sullo smalto che possono avere sostanze come acqua ossigenata o bicarbonato.
Leggi anche: Come lavare bene i denti
Dopo lo sbiancamento: cosa fare per far durare gli effetti più a lungo
Gli effetti dello sbiancamento denti durano circa 1 anno, se il trattamento è effettuato da un professionista con mezzi adeguati. La durata, però, dipende anche da come vengono trattati i denti nelle settimane e nei mesi seguenti. Per prima cosa, è bene precisare che subito dopo il trattamento, per almeno due o tre giorni, vanno evitati cibi e bevande scuri o che contengono coloranti (ad esempio: caffè, liquirizia, coca cola) e bisogna astenersi anche dal fumo. Inoltre, gli effetti dello sbiancamento denti possono essere mantenuti meglio se si procede a una regolare igiene orale, lavando bene i denti tutti i giorni, più volte.
Sbiancamento denti: prima e dopo il trattamento
Ecco alcune foto di persone che si sono sottoposte allo sbiancamento dentale professionale presso gli studi del Dottor Emanuele Puzzilli.
Leggi anche l’approfondimento sullo sbiancamento denti con laser
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Invisalign, l’apparecchio trasparente per denti perfetti
L’apparecchio trasparente e mobile permette di raddrizzare i denti e ottenere un sorriso perfetto, senza l’imbarazzo di fastidiosi fili di metallo in bocca. Per questo motivo, l’ortodonzia trasparente con metodo invisalign è molto diffusa soprattutto tra gli adulti, ai quali consente di correggere i difetti di estetica dentale rapidamente, senza problemi e ad un costo non proibitivo. In questa breve guida, tutte le informazioni essenziali e le risposte alle domande più frequenti.
L’apparecchio trasparente mobile (comunemente conosciuto come Invisalign) è una delle soluzioni di odontoiatria estetica e di ortodonzia mininvasiva più amate e apprezzate, soprattutto dagli adulti. Chi vuole raddrizzare i propri denti e regalarsi un sorriso perfetto, infatti, spesso si scontra con l’avversione per i tradizionali apparecchi fissi, che impongono antiestetici elementi in ferro, molto visibili e altrettanto fastidiosi. D’altronde, passata la fase adolescenziale, chi mai vorrebbe farsi vedere in giro con la dentatura intrappolata in una gabbia metallica?
Le soluzioni di ortodonzia per adulti
Invisalign, cos’è e come funziona l’apparecchio invisibile
Per fortuna, Invisalign elimina il problema alla radice, perché non si nota, visto che è costituito da due mascherine trasparenti, personalizzate e rimovibili, che si adattano perfettamente alle arcate dentali. Il procedimento che porta alla creazione di Invisalign è piuttosto semplice. Durante la prima seduta, il dentista acquisisce l’impronta della bocca del paziente, con uno specifico scanner 3D. Questo consente di realizzare immediatamente una simulazione tridimensionale del risultato finale che si andrà ad ottenere grazie ad Invisalign. Sulla base di questa “fotografia” vengono poi realizzate le mascherine su misura (aligner), che periodicamente vanno cambiate, per adattarle ai progressi. È bene precisare che gli aligner sono rimovibili, ma vanno comunque portati per molte ore (come si vedrà più avanti).
Leggi di più sugli apparecchi per denti
L’apparecchio trasparente per adulti e per bambini, a ciascuno il suo trattamento
A seconda del tipo di intervento necessario e dell’età del paziente, esistono diverse tipologie di trattamento:
- Invisalign Full, per affrontare i casi di affollamento e malocclusioni più gravi;
- Invisalign Lite, per le casistiche più lievi (piccoli movimenti);
- Invisalign Teen, pensato appositamente per i bambini e per gli adolescenti.
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I risultati dell’apparecchio trasparente: quali difetti si possono correggere
L’estetica impeccabile non è l’unico pregio capace di spiegare il successo dell’apparecchio trasparente. Il vero valore aggiunto sta nei risultati, che sono rapidi e molto soddisfacenti. Sono tante le problematiche dentali che possono essere risolte con Invisalign. A patto che dietro ci sia un dentista esperto e competente.
In particolare, questa soluzione di ortodonzia può essere utile per affrontare casi di:
- affollamento dentale;
- spaziatura eccessiva (come il diastema);
- morso crociato;
- morso aperto;
- morso profondo.
Prima e dopo con Invisalign (le foto)




Quanto costa un apparecchio Invisalign
Sul prezzo di un trattamento effettuato con l’apparecchio trasparente Invisalign ci sono vere e proprie leggende metropolitane. Il fatto che sia una soluzione estetica di gran pregio e che molti vip la scelgano per sistemare il sorriso fa pensare che abbia un costo proibitivo. In realtà non è affatto così.
L’ortodonzia realizzata con le mascherine invisibili costa più o meno come quella tradizionale. Allo stesso modo, quindi, non è possibile parlare di prezzi in modo generico, ma è necessario realizzare un preventivo su misura, che tenga conto in maniera precisa delle problematiche su cui si deve intervenire.
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Tutto quello che c’è da sapere su Invisalign
Facendo una rapida ricerca su Google, ci si rende conto che l’apparecchio Invisalign rappresenta un argomento molto discusso. Tantissime persone sono interessate e navigano online alla ricerca di informazioni più precise, per farsi un’idea su cosa comporti questo trattamento. Qui di seguito sono raccolte le domande più frequenti e le relative risposte. Questo è davvero tutto quello che c’è da sapere su questi innovativi apparecchi per denti.
Quante ore bisogna portarlo?
Solitamente si raccomanda di tenerlo in bocca almeno 22 ore al giorno. Essendo completamente invisibile, non crea problemi nella vita sociale e quotidiana, quindi ci si può limitare a rimuoverlo solo quando si deve mangiare.
Quanto dura il trattamento?
Dipende dal difetto che si deve correggere e da quanto si è ligi al dovere (vedi domanda precedente). In linea di massima, però, non si superano i 3 mesi.
Durante il trattamento si accusa dolore?
No, nessun dolore. Solo una sensazione di pressione e di leggero fastidio, durante i primi giorni, dovuta all’assestamento dei denti che cominciano a muoversi.
Si accusano problemi nel parlare e nel pronunciare le parole?
Solo nei primissimi momenti dopo che lo si è indossato. Basta dare il tempo a lingua e palato di reagire e adattarsi e ogni fastidio scompare.
Come si tolgono e come si mettono le mascherine?
Niente di più semplice, si sfilano con naturalezza, perché non hanno agganci particolari.
Cosa posso mangiare?
Assolutamente nulla. Neanche una mollica. Quando si deve mangiare, le mascherine vanno sfilate. Soprattutto nei primi giorni, è consigliabile rimuoverle almeno 10 minuti prima del pasto, per lasciare il tempo ai denti di abituarsi alla “libertà”.
Cosa posso bere?
Le mascherine consentono tranquillamente di bere, però è meglio evitare bevande colorate, come il caffè o il vino rosso, o molto zuccherate, come tutte le bibite gassate. In quei casi è consigliabile sfilare l’apparecchio e poi rimetterlo.
Come si puliscono le mascherine?
Proprio come i denti, spazzolino e dentifricio. Bisogna spazzolare sia l’interno che l’esterno, ogni volta che si toglie e rimette.
Scopri di più anche sulle faccette dentali estetiche
Denti consumati, cause e possibili rimedi per “ricostruirli”
I denti consumati rovinano l’estetica della bocca ma anche la salute. Per questo è importante conoscere le cause che provocano la consumazione dei denti e intervenire tempestivamente contro erosione e abrasione. Per ricostruire un dente consumato, le faccette dentali rappresentano ormai la soluzione più diffusa, perché consentono di ripristinare un sorriso perfetto ed efficiente. Nei casi più gravi, invece, si può ricorrere all’incapsulamento.
Denti consumati, un problema estetico e di salute
Durante il corso della vita, i denti di un individuo tendono a consumarsi, con una riduzione dello smalto, cioè lo strato duro più esterno. Avere una dentatura leggermente consumata, quindi, è fisiologico. L’importante è che non si superi una soglia di attenzione, altrimenti un piccolo difetto può diventare causa di problemi estetici e di salute. Quando si supera questa soglia, si parla prorpiamenti di denti consumati ed è necessario intervenire con una sorta di ricostruzione. Bellezza del sorriso ed efficacia della masticazione, infatti, risentono di tale processo di consumazione.
I denti consumati sono più fragili, sensibili agli sbalzi di temperatura, maggiormente inclini alle fratture a all’attacco delle carie. E sono anche brutti da vedere, piccoli, sottili, spesso ingialliti, in casi estremi trasparenti sui bordi. Per non parlare delle conseguenze negative sulla chiusura della bocca che possono ripercuotersi su tutto il corpo, come nel caso delle connessioni tra malocclusioni e problemi di postura, mal di schiena, mal di testa, disturbi alle orecchie e alla vista.
Ecco perché è bene non sottovalutare i problemi che nascono dall’avere denti consumati e prendere le dovute contromisure. La prima cosa da fare, però, è capire le cause di questo difetto, perché solo così si possono identificare rimedi e terapie adeguati.
Le cause dei denti consumati: abrasione ed erosione
Le cause dei denti consumati possono essere raggruppate in due grandi categorie: erosione ed abrasione.
L’erosione dentale
L’erosione dentale si ha quando lo smalto viene deteriorato dall’azione di sostanze acide. Questo può accadere sia per problemi di alimentazione che per disturbi all’apparato gastrointestinale. È sconsigliata, ad esempio, l’assunzione frequente di particolari tipi di frutti (come limoni e arance) o bevande. Per quanto riguarda le condizioni patologiche, invece, quelle più direttamente collegate ai denti consumati sono il reflusso gastroesofageo o il vomito.
Scopri di più sui cibi che fanno male ai denti
L’abrasione dentale e il bruxismo
Diverso il discorso per l’abrasione dentale, che ha cause meccaniche, cioè legate allo sfregamento fra le arcate dentarie. È il caso, ad esempio, del bruxismo, la tendenza a digrignare involontariamente i denti, di notte o di giorno. Ma è anche il caso di uno spazzolamento eccessivo della dentatura, oppure dell’uso di dentifrici abrasivi o di rimedi sbiancanti fai da te. Infine, rientrano in questo gruppo, anche i casi di denti consumati perché entrati in contatto con alimenti abrasivi.
L’importanza di affidarsi a uno sbiancamento denti professionale
La ricostruzione dei denti consumati: incapsulamento e faccette estetiche
Di fronte ad un paziente con denti consumati, l’odontoiatra ha molteplici possibilità di intervento. Per scegliere la migliore, però, è necessario valutare una pluralità di fattori: livello di deterioramento, cause, salute orale complessiva.
La cosa migliore è iniziare con un intervento che vada a rimuovere le ragioni dell’abrasione o dell’erosione. Questo significa intervenire sull’alimentazione (nei casi di consumo eccessivo di cibi o bevande acide), sul modo di lavarsi i denti (ecco come farlo correttamente) o sulle cattive abitudini, volontarie o involontarie (come il bruxismo).
Una volta rimosse le cause, si può pensare a lavorare per eliminare i danni già fatti. Qui le strade percorribili sono due: le faccette dentali o l’incapsulamento.
Le capsule dentali
La soluzione dell’incapsulamento è quella che viene adottata nei casi di danneggiamento profondo. L’applicazione delle capsule consente comunque di salvare il dente ed evitare l’estrazione. Il risultato estetico è pressoché impeccabile, visto che oramai questi elementi vengono realizzati con materiali che consentono di imitare perfettamente la forma e il colore dei denti naturali.
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Le faccette dentali estetiche
Se il livello di deterioramento non è ancora arrivato ad un punto critico, invece, i denti consumati possono essere trattati con le faccette dentali estetiche. Applicate sulla superficie dentale, le faccette consentono di recuperarne la forma originaria, con un risultato perfetto sia dal punto di vista estetico che da quello funzionale.
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Il calendario della dentizione dei bambini, quando spuntano e quando cadono i denti da latte
Conoscere il calendario della dentizione dei bambini è molto importante. Sapere quando spuntano e quando cadono i dentini, infatti, serve ai genitori per monitorare il corretto sviluppo del sorriso dei figli e, se necessario, intervenire subito per correggere delle anomalie con l'ortodonzia intercettiva. I denti da latte cominciano a farsi vedere intorno al sesto mese di vita e finiscono verso i 3 anni. La loro caduta, invece, avviene di solito tra i 6 e i 12 anni.
Quando si diventa genitori si tende a sviluppare un atteggiamento un po’ apprensivo, soprattutto per il primo figlio. È normale, fa parte del gioco. Uno degli aspetti che più preoccupano mamma e papà è senza dubbio quello della dentizione. Quando i denti da latte spuntano, infatti, portano con sé un po’ di dolore per il bambino, con annessi pianti e notti insonni. Ecco che allora molti genitori desiderano conoscere bene il calendario della dentizione da latte, per monitorare lo sviluppo di loro figlio e verificare che tutto proceda bene. Quali sono i primi dentini a comparire? Quando cominciano ad uscire? Quando, invece, a cadere? Anche perché, se si capisce in tempo che qualcosa non va (ed esempio, denti storti a causa del palato stretto), si può intervenire con l'ortodonzia precoce.
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Quando spuntano i denti da latte e quanti sono
La dentatura decidua (cioè i cosiddetti denti da latte) non è ampia come quella definitiva. I dentini, infatti, sono solo 20, mentre un sorriso completo da adulto ne contiene ben 32. Questi 20 denti da latte impiegano circa 2 anni per spuntare completamente. Vediamo con che tempi e in che ordine.
Tra i 6 e i 10 mesi si affacciano gli incisivi centrali inferiori, seguiti a ruota da quelli superiori (8-12 mesi). Quasi contemporaneamente spuntano anche gli incisivi laterali: prima i superiori (9-13 mesi) poi gli inferiori (10-16 mesi). A seguire, è la volta dei primi molari, sia superiori che inferiori, tra i 13 e i 19 mesi. Invece, tra i 16 e i 23 mesi tocca ai canini, sia sopra che sotto. Gli ultimi ad arrivare, infine, sono i secondi molari, che si fanno vedere tra i 24 e i 33 mesi.
è bene precisare, però che queste tempistiche sono indicative e non tassative. Si possono sempre verificare, infatti, casi di neonati con denti da latte in anticipo o in ritardo.
Lo schema dei denti da latte: quando spuntano

Quando cadono i denti da latte
Veniamo ora all'altra domanda: quando cadono i denti da latte? Quesito che potrebbe anche essere ribaltato in : quando spuntano i denti definitivi? Diciamo che l’ordine di “arrivo” dei denti da latte corrisponde più o meno anche a quello della loro caduta. Generalmente, i bambini iniziano a perdere la dentatura decidua intorno ai 6 anni. Le prime “finestrelle” ad aprirsi nel sorriso sono quelle corrispondenti agli incisivi centrali, sia superiori che inferiori, che cadono più o meno tra i 6 e i 7 anni. Subito dopo, tra i 7 e gli 8 anni, si perdono gli incisivi laterali superiori e quelli inferiori. Infine, tra i 9 e i 12 anni, è la volta dei molari (primi e secondi) e dei canini.
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Lo schema della caduta dei dentini da latte e della loro sostituzione con i enti definitivi

Comparsa e caduta dei denti dei bambini: le risposte alle domande più frequenti
Per fare ulteriormente chiarezza, ecco un piccolo compendio dedicato ai denti dei bambini, per rispondere alle domande più frequenti che i genitori cercano online.
Quando spuntano i denti da latte? I primi arrivano intorno ai 6 mesi.
Quali sono i primi dentini che spuntano? Gli incisivi centrali inferiori.
Quando escono i molari ai bambini? I primi tra i 9 e i 12 mesi, i secondi tra i 24 e i 33 mesi.
Quanti denti compongono la dentizione decidua? 20.
Quando cadono i denti ai bambini? Iniziano a cadere intorno ai 6 anni, per finire verso i 12.
Quanti denti ha un bambino di due anni? Generalmente 16, gli mancano solo i secondi molari.
Quali sono i denti da latte? Incisivi centrali, incisivi laterali, canini, primi molari e secondi molari.
Denti dei neonati in ritardo? Ecco cosa fare
Se i denti di un neonato spuntano in ritardo non bisogna allarmarsi. Può succedere che, compiuto il primo anno di vita, al bambino non siano ancora usciti i dentini da latte. Molto spesso questi ritardi non significano nulla di grave e il bimbo svilupperà presto la dentizione decidua. Tuttavia, è importante sapere che questo può comportare alcune problematiche, relative non solo all’alimentazione del bambino, ma anche allo sviluppo della sua dentizione permanente.
Quando spuntano i denti da latte nei neonati
Per mamma e papà, i primi anni di vita del neonato sono sempre un’avventura piena di novità. D’altronde, si diventa genitori accompagnando i propri figli nelle varie tappe della vita. L’apparizione dei primi dentini è senza dubbio uno dei momenti che un genitore non scorda mai. Anche perché con i primi dentini arriva pure un po’ di dolore e fastidio per il bambino. Il neonato potrebbe passare così qualche giorno piangendo e qualche notte insonne. Non c’è da spaventarsi, è normale e fa parte del bellissimo gioco che è crescere. Ma quando arrivano i primi dentini?

Iniziamo col dire che la dentizione decidua (ovvero quella da latte) è meno ampia di quella definitiva: i dentini del bambino sono solamente venti, mentre un sorriso adulto è composto da ben trentadue denti. Inoltre, è importante sapere che non c’è un momento preciso per l’apparizione dei primi denti. I genitori si accorgono che sta per spuntare un dentino per i sintomi. Si notano rossore e gonfiore sulle gengive, oltre a qualche piccola ferita proprio nel punto in cui spunterà il dente. Solitamente questo avviene attorno ai sei mesi di età; i primi dentini a uscire molto spesso sono gli incisivi centrali. Come spiegato, ogni bambino sviluppa comunque la dentatura con tempistiche diverse e non bisogna allarmarsi se, passato il sesto mese, ancora non è spuntato alcun dente.
Il calendario della dentizione nei bambini
La situazione cambia se dopo il primo anno la situazione resta invariata. In questo caso, allora è consigliato realizzare una visita dal dentista per tenere d’occhio la situazione. Fermo restando, comunque, che i casi di agenesia, ovvero l’assenza congenita di uno o più denti, è una malattia piuttosto rara. Invece, molto probabilmente il ritardo potrebbe essere dovuto a una situazione di ereditarietà. Infatti, se un genitore ha sviluppato in ritardo la dentizione decidua, molto spesso anche il figlio vedrà uscire i dentini da latte con ritardo.
La febbre e i dentini nei bambini, c’è un collegamento?
Quando i denti spuntano in ritardo
Compiuto il primo anno di vita, una visita odontoiatrica è comunque importante perché permette di esaminare come procede lo sviluppo dei denti del bambino. Pur non essendo grave, un ritardo nell’apparizione dei dentini da latte potrebbe infatti comportare qualche problema e fastidio. In primis, perché nutrire un bambino che non ha i denti è sicuramente molto più complicato. Per un genitore questo vuol dire tagliare il cibo a pezzettini, fare minestrine e frullati per facilitare i pasti del neonato. L’amore, la cura e una particolare attenzione dei genitori permette quindi ai neonati di nutrirsi anche masticando con le gengive, in attesa dell’arrivo dei dentini da latte.
C’è però anche un altro aspetto da non sottovalutare. Oltre alla funzione masticatoria per l’alimentazione, la dentizione decidua è importante per dare una forma a quella che sarà la dentizione permanente, a partire dai sei anni di età. Un notevole ritardo nell’apparizione dei dentini da latte potrebbe perciò influire in maniera negativa nello sviluppo dei denti permanenti, con diverse possibili complicazioni.
Le complicazioni più comuni
Le più complicazioni più frequenti sono per lo più dovute alla conseguente perdita tardiva dei denti da latte. Infatti, se la radice di questi blocca lo sviluppo del dente permanente che spunta sotto, quest’ultimo rischia seriamente di crescere con un posizionamento sbagliato. Inoltre, in alcuni casi potrebbe anche verificarsi che il dente permanente spunti senza che quello da latte sia ancora caduto. In questi casi si presenta una situazione alquanto particolare, ovvero una doppia fila di denti. Per quanto possa fare impressione, molto spesso il problema si risolve comunque nel giro di pochi giorni con l’imminente caduta del dente da latte.
L’intervento del dentista
Nel caso in cui la tardiva perdita dei dentini da latte provochi complicazioni per lo sviluppo della dentizione permanente, può essere determinante l’intervento di un dentista, il quale deve prima di tutto eseguire un’accurata diagnosi. Una volta individuata la causa del problema e considerata la gravità della situazione, allora il dentista può decidere se e come intervenire. Molto spesso, si opta per l’applicazione di un apparecchio ortodontico finalizzato specificamente a indirizzare e raddrizzare la crescita dei denti. È molto raro, invece, che si decida di procedere con un’estrazione selettiva dei denti da latte per assicurare una crescita adeguata dei denti. In ogni caso, spetta al dentista stabilire (a seconda della specifica situazione) la terapia migliore per garantire il benessere orale del bambino
Bite per denti: a cosa serve e quando si mette
Il bite per denti serve a risolvere numerosi problemi legati a difetti della dentatura e del morso, come malocclusioni, bruxismo, mal di testa, mal di schiena e acufeni. Il bite dentale personalizzato, infatti, è una placchetta trasparente che si appoggia sulle arcate dentali e ne evita lo sfregamento o il contatto. In questo articolo, vengono approfonditi il suo funzionamento e le sue possibili applicazioni.
Il bite, fino a qualche anno fa, era praticamente un oggetto misterioso. Pochi ne conoscevano la funzione e le potenzialità e ancora meno erano i dentisti che realizzavano bite personalizzati per trattare specifici disturbi dei loro pazienti. Con il tempo, però, il bite per denti ha cominciato a riscuotere sempre più successo. Si è compreso, infatti, il suo ruolo decisivo per contrastare alcuni difetti dentali (soprattutto malocclusioni e bruxismo) e i disturbi che ne scaturiscono. Inoltre, è molto utilizzato in funzione contenitiva, dopo un percorso di ortodonzia, per evitare che denti appena raddrizzati tornino ad essere storti. Ecco perché oggi il bite dentale è ormai un oggetto molto diffuso. Proviamo a conoscerlo meglio.
Cos’è bite dentale e a cosa serve
Essenziale, trasparente, quasi invisibile. Dal punto di vista materiale, il bite non ha certo l’aspetto di uno strumento medico rivoluzionario. Si tratta, infatti, di una semplice mascherina in resina che si appoggia sull’arcata dentale (inferiore o superiore, a volte anche su entrambe) e impedisce che i denti si tocchino. Un rimedio apparentemente elementare ma che è in grado di cambiare, in meglio, la qualità della vita di chi lo indossa.
In odontoiatria, il bite per denti viene utilizzato per trattare diverse problematiche, come:
- bruxismo;
- malocclusione dentale (con tutto il suo corredo di disturbi: problemi posturali, mal di schiena e di testa, acufeni, russamento);
- recidiva ortodontica.
Le tipologie: personalizzato, morbido o preformato
Esistono molti modelli di bite dentale, differenziati a seconda della patologia che devono trattare, della struttura e dell’utilizzo.
I più efficaci sono i bite personalizzati, ovvero quelli che vengono realizzati dal dentista, in collaborazione con un odontotecnico, sulla base di un calco della bocca del paziente, Quindi ne riproducono fedelmente il profilo, adattandosi perfettamente alle arcate e intervenendo in modo specifico sui difetti del singolo.
Diffusi ma meno indicati, i bite morbidi, che si modellano sui denti la prima volta che vengono inseriti, e i bite preformati, con dimensioni e caratteristiche standard.
Quando è il caso di mettere il bite
Scendendo più nel dettaglio dei disturbi dentali su cui il bite può incidere positivamente, è bene analizzare meglio le tre già citate: bruxismo, malocclusioni e recidiva ortodontica.
Il bite per il bruxismo
Il bruxismo è quell’abitudine, spesso inconscia, che porta a serrare con forza la mandibola e a digrignare i denti. Una pessima abitudine che si verifica soprattutto di notte (ma non solo) e che può avere serie ripercussioni sulla salute dei denti e delle gengive. Inoltre, il bruxismo è spesso causa di mal di testa e dolori alla mascella, dovuti all’eccessiva contrazione muscolare.
Il bite per il bruxismo ha il compito di “mettersi in mezzo” e di evitare che le due arcate dentali si tocchino. In questo modo i denti non vengono a contatto e non si produce il pericoloso digrignamento. Le gengive, quindi, non risentono della pressione eccessiva e non si infiammano e la muscolatura mandibolare si rilassa.
Leggi di più sul bruxismo
Il bite per malocclusioni dentali, riposizionamento mandibolare e difetti di postura
Un’altra patologia dentale molto diffusa è la cosiddetta malocclusione. Il termine indica genericamente un errato funzionamento del morso. In pratica, la bocca “si chiude male”. I motivi possono essere vari: denti storti, denti mancanti, spostamento della mandibola.
Le conseguenze (disturbi dell’ATM) sono piuttosto pesanti. Chi soffre di malocclusione dentale, infatti, può ritrovarsi a combattere con frequenti mal di testa e dolori mandibolari. Inoltre, i difetti del morso possono provocare problemi all’apparato respiratorio (il comune “russare”) o a quello uditivo (gli acufeni). Infine, gli effetti delle malocclusioni si riflettono anche sulla colonna vertebrale, provocando mal di schiena e difetti nella postura.
Anche in questo caso, il bite può essere un valido alleato e contribuire al riposizionamento mandibolare. Viene personalizzato sulla bocca del paziente e riesce a correggere il difetto del morso. A cascata, quindi, spariscono anche tutti gli effetti e i dolori collegati. Ecco allora che si può parlare di bite per non russare o di bite per acufeni. In realtà, si tratta di una mascherina che agisce sulla malocclusione.
È bene specificare che, di fronte a patologie del genere, può essere utile e a volte necessario, associare il bite anche ad altri trattamenti terapeutici.
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Il bite per “raddrizzare” i denti
Dire che il bite può essere utilizzato per raddrizzare i denti è sbagliato. È vero, invece, che può servire per mantenerli dritti, dopo un percorso di ortodonzia. Una volta che si sono ottenuti i denti dritti e sani che si è sempre sognato, bisogna saperli conservare. Il rischio della cosiddetta recidiva ortodontica, infatti, è sempre presente. I denti possono perdere la posizione acquisita e tornare storti, sia perché tendono a muoversi naturalmente, sia perché magari erroneamente stimolati dai già visti fenomeni di digrignamento.
Per evitare di aver perso soldi e tempo, si può utilizzare il bite con funzione contenitiva. La mascherina, infatti, eviterà pressioni indesiderate sulla dentatura e preserverà i risultati dell’ortondonzia.
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Come si utilizza il bite dentale: piccola guida pratica
Quando si parla del bite e della sua efficacia è fondamentale sottolineare come la riuscita del trattamento dipende essenzialmente dal corretto utilizzo della mascherina. Anche nel caso di bite realizzati a regola d’arte, se utilizzati poco o male, non consentono di raggiungere il risultato voluto e sperato. Ecco una breve guida con le risposte alle tre domande principali.
Come metterlo?
L’applicazione del bite è una cosa davvero molto semplice. Bisogna limitarsi ad appoggiarlo sull’arcata dentale per la quale è stato creato ed esercitare una leggerissima pressione, quella necessaria per farlo “incastrare” sui denti.
Quanto tempo va portato?
Di solito, i dentisti consigliano di tenere in bocca la mascherina almeno la notte. Per questo spesso si sente parlare di bite notturno. In realtà, però, quest’apparecchio speciale può essere indossato in qualsiasi momento, anche di giorno, visto che si toglie e si pulisce facilmente. Anzi, può lo si utilizza, migliori saranno gli effetti.
Come pulirlo?
Trovandosi sempre a contatto con la bocca, il bite deve essere sottoposto regolarmente ad un’attenta pulizia, altrimenti rischia di trasformarsi in un veicolo di germi e batteri. Non si tratta di una manutenzione faticosa, ma di attuare poche e semplici accortezze, utili anche per salvaguardare la trasparenza della mascherina.
È necessario ricordarsi di pulire il bite ogni volta che viene tolto e riposto nella sua scatola. Basta utilizzare uno spazzolino e una soluzione liquida fatta per un terzo di collutorio e per due terzi di acqua. In alternativa, va bene anche l’uso del dentifricio. L’importante è sempre risciacquare bene.
Sei sicuro di saper lavare bene i tuoi denti? Scoprilo qui
Articolo revisionato dal Dottor Emanuele Puzzilli - Medico odontoiatra e specialista in estetica dentale
Pulpite: cause, sintomi e cura
La pulpite è tra le cause più comuni del mal di denti. Spesso è la dolorosa conseguenza di una carie dentale non trattata o sottovalutata. Per curarla, occorre prima di tutto effettuare una diagnosi che permette di capire lo stato di avanzamento della patologia.
Molto spesso, dietro al mal di denti si nasconde un disturbo chiamato pulpite. E altrettanto spesso, dietro alla pulpite si nasconde un dente cariato. Ecco perché la pulpite dentale e il fastidio che provoca non dovrebbero mai essere trascurati, potendo dare vita, con il passare del tempo, a patologie molto più gravi, che possono provocare anche la perdita del dente. Ma cos’è precisamente la pulpite? Come si riconosce e come si cura?
Cos’è la pulpite
Comincia rispondendo alla prima domanda. La pulpite è un’infiammazione che colpisce la polpa dentaria, cioè la parte più sensibile della dentatura, il cuore del dente, in sintesi la sua parte vitale. Da questo soffice tessuto si produce la dentina, dove sono presenti le terminazioni nervose che ci permettono di avvertire il caldo il freddo, il dolce e l’acido. Per questo, quando un’infiammazione come l pulpite arriva a intaccarla il dente diventa ipersensibile e si avverte un forte dolore.
A seconda della gravità, la pulpite si può distingue in reversibile e irreversibile.
Pulpite dentale reversibile
Nel caso della pulpite reversibile, l’infiammazione è moderata e quindi, se presa in tempo, può essere curata in modo piuttosto agevole. In questo caso, il mal di denti non sarà costante ma solo legato a precisi stimoli, come il contatto con bevande calde o freddo oppure la masticazione.
Pulpite dentale irreversibile
Molto più grave, invece, è il caso della pulpite irreversibile, che è purtroppo l’approdo naturale di una pulpite reversibile non curata. In questo caso, infatti, la semplice infiammazione iniziale degenera in necrosi della polpa dentale. Le ulteriori conseguenze possono essere ascesso, parodontite, granuloma o cisti. Nella pulpite irreversibile, il mal di denti è costante.
Le cause della pulpite
Come già detto, la causa principale della pulpite è una carie dentale. Il processo cariogeno infatti provoca una progressiva demineralizzazione dello smalto dentale e della dentina. Lo smalto dentale viene perforato dalle sostanze acide prodotte dagli zuccheri che a loro volta fermentano dai batteri presenti nel cavo orale. Quando il tessuto che la ricopre si lacera, la polpa dentaria resta esposta agli stimoli esterni e si avverte quindi il fastidioso dolore ai denti che rivela la presenza della pulpite.
Detto ciò, oltre ai fenomeni cariogeni, la pulpite può avere origine anche da altre condizioni o patologie. Tra queste le più importanti sono:
- Bruxismo
- Scarsa Igiene orale (ecco perché è importante lavare bene i denti)
- Malocclusione o masticazione scorretta
- Traumi dentali
- Interventi dentari eccessivamente invasivi ripetuti nel tempo
- Parodontite
I sintomi della pulpite: mal di denti e gonfiore
Il più classico e comune sintomo della pulpite è il mal di denti. Inizialmente la pulpite è silente, ma quando l’infiammazione arriva ad intaccare la dentina il dolore si presenta come molto forte, pulsante e intermittente, come una fitta estemporanea che spesso si attenua subito ma si fa nuovamente sentire più tardi. Inoltre, il dolore solitamente insorge quando si mangiano cibi dolci, caldi, freddi o acidi, in altri termini quando degli stimoli esterni attivano le terminazioni nervose della polpa dentaria.
L’intensità del fastidio dipende ovviamente dallo stato di avanzamento della patologia, in genere più ha agito in profondità il processo cariogeno e più forte sarà il dolore. In presenza di un’infiammazione avanzata, inoltre, insieme al dolore può presentarsi anche un gonfiore evidente e si espande a tutta l’arcata dentaria.
Per alleviare il dolore e sgonfiare la parte interessata dal problema, si può fare ricorso a un antibiotico o a un antinfiammatorio, ma occorre sempre consultare un medico. Al di là dell’alleviamento del dolore, inoltre, la cura della pulpite deve essere necessariamente realizzata con l’intervento professionale di un dentista.
Come si cura la pulpite
Quando si parla di cura della pulpite bisogna correttamente distinguere tra la gestione del mal di denti, che serve a migliorare la qualità della vita del paziente, e il trattamento vero e proprio del disturbo. Inoltre, un ruolo fondamentale lo svolge la prevenzione.
La prevenzione
Prevenire, si sa, è sempre meglio che curare. La prevenzione della pulpite significa ovviamente avere una buona igiene orale, una cura dei denti ottimale ed evitare tutte le cattive abitudini che possono sfociare nell’insorgere di carie dentali o di altri processi infiammatori che colpiscono lo smalto dentale, rendendolo meno forte e resistente.
L’importanza della pulizia dei denti professionale
La gestione del mal di denti
Una volta che la pulpite purtroppo si è generata, il primo problema che si pone è il trattamento del dolore. Il mal di denti, infatti, può essere davvero forte e invalidante. Le soluzioni sono di tipo farmacologico e contemplano l’uso di analgesici di vario tipo o di antibiotici, entrambe su prescrizione medica.
Il trattamento odontoiatrico
Per quanto riguarda la vera e propria cura della pulpite, torna in rilievo la distinzione tra reversibile e irreversibile.
Se la pulpite è reversibile nonostante i danni allo smalto dentale, la polpa dentale può essere preservata perché conserva ancora le sue funzioni vitali. In questa condizione, quindi, il dentista rimuove la carie con un’otturazione e ricostruisce il dente per eliminare il problema.
La situazione è invece completamente diversa se la pulpite è arrivata a uno stato irreversibile, causando oramai la necrosi della polpa e impedendone di conseguenza la cura. In questo caso bisogna effettuare una devitalizzazione del dente, estraendo la polpa dentaria e riempendo la cavità con del materiale specifico. Il dente sarà guarito quando i sintomi della pulpite e il dolore saranno spariti.
Può succedere, anche se è molto raro, che dopo la devitalizzazione il dolore persista, perché sono sfuggiti alcuni canali alla devitalizzazione, in questi casi occorre ripetere ulteriormente la terapia.